
di Concetta Russo
BELLI E NON BULLI
Riscoprirsi per non cedere alla violenza
Avere a che fare con il bullismo non è affatto qualcosa di semplice. Non lo è per un formatore, che si trova a dover gestire anzitutto dentro di sé in un precarissimo equilibrio l’emozione della rabbia ma anche quella della pietà.
Rabbia per gli atteggiamenti e le scelte colme di violenza, ma anche pietà intesa come dispiacere profondo per quello che il bullo perpetra e per ciò che di sé non riesce a controllare, ad esprimere, a condividere.
Il formatore è davvero tale quando sa trovare la “forma” bella e genuina di chi si traveste da bullo; il docente è davvero tale quando si sforza di condurre, passo dopo passo e con gli opportuni aiuti, il discente da una situazione di disfatta alla sua condizione originaria di bellezza (non dimentichiamo che “docente” richiama il significato non solo del latino docere/insegnare, ma anche di ducere/condurre).
Allo stesso tempo, c’è una cura profondissima che spetta anche agli studenti-vittime. Spesso chi viene schiacciato da atti di bullismo in qualche modo “attira” incoscientemente le malevoli attenzioni del violento di turno anche perché fatica a costruire in maniera salda la propria identità.
È percepito come un debole perché appare fagocitato dalle proprie paure e dall’insufficiente autostima: e ciò è così vero che molto spesso la vittima fatica a chiedere aiuto, al fine di liberarsi degli atti di violenza subita. Preferisce rimanere schiacciato che aggiungere un ulteriore sfacelo al suo infinito elenco di negatività. Un lavoro profondo su questi aspetti, pertanto, è un ulteriore processo di prevenzione.
La strategia per vincere il bullismo chiede ancora una volta di porre attenzione al mondo profondo dei nostri studenti: vittime e carnefici sono accumunati dalla necessità di tornare alla verità della propria identità. E ad amare questa verità, che mai è violenta, che mai si deprezza.
Un’attività da proporre in classe
PER ESSERE UN DURO VERO
Step-by-step per l’insegnante
1. Introduzione all’attività: il docente fa ascoltare agli studenti la canzone Volevo essere un duro di Lucio Corsi, senza anticipare il tema dell’attività che verrà svolta. Quindi distribuisce a ciascuno il testo della canzone: chiede ora di riascoltarla, evidenziando le parole che sono personalmente ritenute più significative. Viene creata attraverso la piattaforma Wooclap una nuvola di parole: quali sono quelle più gettonate? Crea un piccolo dibattito partendo da queste parole.
2. Centriamo l’argomento: il docente riconduce il dibattito al tema del bullismo. Scrive alla lavagna «Sono UN DURO quando…» e chiede agli studenti di completare questa frase. Appunta alla lavagna le risposte date. Dopo qualche minuto, aggiunge la parola “non” alla frase già scritta («NON sono UN DURO quando…»): chiede quali completamenti della frase andrebbero cancellati e conduce gli studenti a comprendere che il vero “duro” è colui che conosce se stesso, che sa avere cura di gestire la propria rabbia e le proprie tristezze, che sa farsi aiutare per evitare di ferire gli altri. Sottolinea che tutti potremmo correre il rischio di diventare bulli e che forse alcuni atteggiamenti da bullo fanno parte del nostro modo di fare, senza che ne siamo davvero coscienti. Come ultimo step, cancella il “non” e aggiunge “davvero” («Sono DAVVERO UN DURO quando…»): chiede alla classe di elaborare un Decalogo del bello (del non-bullo), esprimendo quali atteggiamenti e scelte possono preservarci da atteggiamenti “da bullo”.
3. Musicando: la classe viene quindi suddivisa in quattro gruppi, con l’indicazione di riscrivere una strofa e il ritornello della canzone di Lucio Corsi alla luce del Decalogo di classe. In ultimo, si ascoltano le composizioni dei gruppi: ne risulterà una canzone di classe.