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Esami e ansia: come aiutare ragazze e ragazzi a gestire questo momento cruciale

By 10 Giugno 2025Scuola
Esami e ansia come aiutare ragazze e ragazzi a gestire questo momento cruciale

Con l’arrivo di giugno, per molti ragazzi e ragazze si avvicina un passaggio cruciale: gli esami di fine anno. Che siano quelli di terza media o della maturità, poco cambia. La tensione sale, il carico emotivo aumenta, l’ansia da prestazione può diventare una presenza ingombrante. Non è solo la prova in sé a preoccupare, ma tutto ciò che rappresenta: il giudizio, il passaggio, il cambiamento. Ed è proprio in questi momenti che la famiglia e la scuola possono e devono essere dei punti di riferimento stabili.

9791223400463 Poletti Silvia Educare senza paura

Per questo, LeggendoLeggendo si è rivolto a Silvia Poletti, pedagogista e autrice del recente saggio Educare senza paura (Fabbri), per raccogliere riflessioni, spunti e consigli pratici su come affrontare e far affrontare meglio ai ragazzi questo momento tanto importante quanto delicato.

Quando l’ansia è un campanello, e quando diventa un ostacolo

Un po’ d’ansia è funzionale“, spiega Poletti. “Aiuta a essere concentrati, a restare sul pezzo. Il problema sorge quando l’ansia diventa invalidante: quando fa scappare, quando paralizza, quando porta con sé sintomi fisici come insonnia, nausea, pianto, scoppi di rabbia, sfoghi psicosomatici – dalla psoriasi alla colite, dal mal di pancia alla pipì frequente”.

In questi casi, l’ansia non è più un semplice stress pre-esame, ma un blocco. E affrontarla con frasi rassicuranti e consolatorie come ‘non preoccuparti, andrà tutto bene’ potrebbe non dare grandi risultati a lungo termine. Piuttosto è importante offrire strumenti e strategie concrete per saper gestire questa emozione. Anche perché minimizzare e sdrammatizzare, in realtà non solo non sortisce effetti, ma paradossalmente può al contrario confermare che c’è qualcosa di cui preoccuparsi, altrimenti perché dirlo?”.

Il primo passo: organizzarsi

“La verità è che molti ragazzi non sono abituati a organizzarsi“, continua Poletti. “E invece la preparazione è la prima forma di prevenzione dell’ansia. Se non studio, è normale che l’ansia aumenti. Ma se mi preparo, se mi alleno, se so di avere fatto la mia parte, allora l’ansia posso gestirla“.

La gestione dell’ansia passa anche dalla gestione del tempo, dello studio, dalla capacità di pianificare e rispettare obiettivi. È un allenamento, come quello di un muscolo: va costruito giorno dopo giorno. Qui scuola e famiglia possono e devono agire in sinergia, aiutando i ragazzi a riconoscere i tempi, a spezzettare il carico, a trovare un equilibrio.

Presenza e cura da parte dei genitori

“Il genitore – dice Poletti – deve imparare a fare un passo indietro. I ragazzi, nei periodi di esame, hanno già un gran rumore in testa. Non hanno bisogno di ulteriori pressioni, ma di cura. Preparare una cioccolata, mandare un messaggino con un incoraggiamento dolce, farsi carico dell’alimentazione. Sono piccole coccole silenziose che dicono ‘io ci sono’, senza invadere“.

Il genitore può anche aiutare nella riflessione: non con giudizi, ma con domande che stimolino l’autovalutazione. “È fondamentale – continua Poletti – che ragazzi e ragazze imparino a valutarsi con spirito critico, senza sentirsi giudicati. Questo rafforza l’autostima e permette di affrontare meglio anche il giudizio esterno”.

Costruire spazi di decompressione a scuola

Anche in classe si può fare molto. “Non bisogna dire ‘non ti preoccupare’, perché così si accresce la sensazione che ci sia qualcosa da temere. Al contrario, bisogna creare momenti per far uscire le paure, verbalizzarle, darle un nome”.

Un esercizio efficace, proposto da Poletti, consiste nel rovesciare il punto di vista: invece di chiedere “Cosa devi fare per superare l’esame?”, si chiede “Dimmi tre cose che potresti fare per farti bocciare“. Una domanda provocatoria che aiuta i ragazzi a riconoscere i comportamenti disfunzionali o le scelte che li allontanano dagli obiettivi, per poi guidarli a individuare, per contrasto, azioni più consapevoli e costruttive.

A queste attività, è fondamentale far seguire un momento di alleggerimento e relazione: un gioco, una camminata insieme, un’attività non valutativa. Sono piccoli gesti che aiutano a decomprimere e a riportare equilibrio in un clima emotivo spesso carico di tensione.

Allenarsi all’autovalutazione

La chiave, secondo Poletti, è responsabilizzare senza colpevolizzare. “Chiedere: ‘Dimmi cosa potresti fare per non farti bocciare’, oppure ‘Quali sono le cose che ti aiutano a sentirti pronto’ è molto più utile che elencare i rischi. Aiuta i ragazzi a prendere in mano la loro preparazione, a diventare protagonisti del proprio percorso”.

Questo processo va sostenuto con una rete educativa coerente: famiglia e scuola devono essere alleate. E per farlo davvero, suggerisce Poletti, i colloqui andrebbero fatti con i ragazzi presenti: “Non si può parlare della vita di qualcuno senza quella persona. Quando gli adulti lavorano con i ragazzi, i miglioramenti sono tangibili”.

Riconoscere e normalizzare

Infine, un punto centrale: non negare l’ansia, ma normalizzarla. “Dire che un po’ d’ansia è normale è molto più efficace che negare il problema. Non bisogna proteggere a tutti i costi: bisogna accompagnare. L’adulto che fa da contenitore sicuro, che accoglie anche le paure più irrazionali, è un adulto che aiuta a crescere”.

E questo vale per tutti: per il docente che accoglie i momenti di difficoltà senza giudicare, per il genitore e per l’educatore che sa offrire strumenti per realizzarsi e non dà soluzioni.

Gli esami non sono solo una prova scolastica. Sono un’occasione di crescita, di autonomia, di confronto con se stessi. Un momento in cui, più che la performance, conta la consapevolezza. E come adulti, abbiamo il dovere di accompagnare i ragazzi in questo percorso, non per togliergli il peso, ma per aiutarli a portarlo.

Come dice Poletti: “Aiutaci ad aiutarti“. È da qui che si parte.